Se ci tieni ai tuoi amici non conquistare il Kamchatka (ovvero come sopravvivere al Natale!)


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Anche voi siete sopravvissuti alla fine del mondo ( a proposito i Maya mandano a dire che erano solo le prove generali!), al cenone, al pranzo di Natale con conseguente rimpatriata familiare ed in questo momento non state abbracciando con passione il vostro WC? Bene. Ci siamo tutti? Direi che è proprio il caso di cominciare!

Siete stati furbi. Avete nascosto pezzi di polpettone nei calzini per evitare l’esplosione delle vostre budella. Trattenuto il respiro quando la vecchia zia con il suo profumo violagelsominiofiordiloto vi ha salutato abbracciandovi e strizzandovi le guanciotte. Avete regalato al cane sotto il tavolo intere fette di arrosto, e vi siete sbarazzati della pasta al forno murandola nella parete del soggiorno come si fa con uno scomodo cadavere. Complimenti. Ma la strada verso la fine delle feste è lunga e piena di insidie quindi ripercorriamo insieme i passi falsi che è bene evitare.

a) Iniziare partire a Risiko- Scarabeo- Monopoli. Ho conosciuto comitive distrutte e amicizie decennali finite solo perché uno dei due aveva conquistato il Kamchatka prima dell’altro. Dopo l’ennesimo albergo in Monte Rosa vi renderete conto che i giochi di gruppo sono un po’ come la versione nostrana dei reality dove orgoglio e offese vanno lavate col sangue. Astenersi.

b) Andare al Supermercato. Scenari apocalittici si aprono dietro le porte scorrevoli anche della più pacata Esselunga e d’un tratto vi trovereste a pensare che è stata annunciata una guerra poiché le scorte alimentari sono quasi finite. Tutto sotto controllo: le solite massaie hanno svuotato anche il più remoto  banco frigo al grido di ” E’ sempre meglio averlo in casa, che non si sa mai!”.

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c) “Ci facciamo un giro?” Ecco appunto. Un giro. Magari fatelo fra salone, balcone e cucina e fermatevi lì. Che se provate a mettere fuori il naso adesso la cosa migliore che può capitarvi è incontrare una sfilza di conoscenti che non vedevate da anni che vi chiedono di raccontare cosa avete fatto negli ultimi sei mesi. 10 minuti a colloquio per 10 conoscenti (minimo!) sono 100 minuti. Ovvero più di un’ora e mezza a ripetere le stesse cose. In quel tempo avreste potuto guardare un film, cucinare dei cupcakes o fare un sonnellino. Volete ancora uscire?

d) “Vieni anche tu, ti divertirai tantissimo!”.  A meno che non conosciate veramente a fondo la persona che vi fa questo invito rispondete un distinto “NO”. Potreste ritrovarvi ostaggio di qualche tombolata con una ventina di ragazzini annoiati che preferiscono lo smartphone al mercante in fiera.

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e) Stilare liste di buone intenzioni. Non cedete alla tentazione di mettere nero su bianco i  propositi per l’anno nuovo. Del resto lo sapete pure voi che quel foglietto finirà in qualche antro e il mattino del 1° Gennaio 2013 vi troverà con il solito mal di testa postalcolico ma tanto beneaugurante, giusto? Io vi ho avvertiti.

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Breve prontuario di ebook gratis su social, web e … altro!


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Se anche tu ti sei detto “Queste vacanze leggo un libro!” complimenti sei nel post(o) giusto! Innanzitutto vorrei sapere qualcosa di te, mio caro lettore. Che tipo sei? No tranquillo, non ci sto provando con te. Mi chiedevo se sei più da poltrona o da letto? Da lampada ultratecnologica o da lucetta direzionale? Da biscotti e latte caldo o da unghie e polpastrelli? E soprattutto… Carta o ereader!?

A me questo Natale è successo l’ inaspettabile. Ma lascia che ti spieghi. Se ti capita di fare acquisti compulsivi nelle librerie e poi di dover fare i bagagli per tornare in terra natia, avrai senza dubbio subito il distacco atroce dai tuoi amati testi.

“No Calvino, ti prego non guardarmi così. Yoshimoto tu non c’entri! Benni stringiti un po’ che devi fare posto a Elsa Morante!”. Ecco in genere questa è la conversazione che si instaura prima dell’addio. Più o meno come quella di una donna con troppe paia di scarpe.  Ma quest’anno è diverso. Quest’anno fra le mie mani è arrivato Kobo (frutto dell’accorta visione di un tizio che chiamerò XXX e che stanco di vedere la casa invasa da libri, riviste, giornali e fumetti un giorno mi ha messo nelle mani l’oggetto del desiderio dicendomi “Toh, adesso non devi più portarti tutto in giro per il mondo!“). Dopo un’iniziale sbandamento e due occhiate sospettose ho capito il potenziale del mio piccolo amico. Ecco dicevo.. io ho un Kobo e non lascerò nessun uom.. pardon! Libro sul campo!

kobo

Spezzo subito la lancia di chi verrà dicendo “Ma un ebook non sarà mai come un libro di carta!”. Sono d’accordo, infatti state parlando con l’ultima delle romantiche. Io continuo a comprare libri di carta perché mi piacciono, perché amo il possesso dell’oggetto libro e soprattutto perché posso personalizzare la mia copia con annotazioni, colori segnature e orecchie più o meno sparse.

E ora andiamo a noi: cosa ho messo dentro il mio Kobo?! Un po’ di roba gratis che non guasta mai e visto che è Natale, mi sono presa la libertà di segnalarvela così da farvi anche un piccolo regalo (che parac*la eh!)

Sperando che vi ispirino e vi siano di compagnia ecco la lista di ciò che non potete assolutamente perdervi prima dell’avvento dei Maya! 

read

Condividi o muori di N. Gorenflo (trad. Iulm)  Se vi state chiedendo se è possibile una cultura dello sharing questo è il testo che fa per voi. Per averlo basta “pagare con un tweet”.

Seo advanced     breve ma intenso è il libro adatto se volete dare una veloce ripassata ai temi principali della SEO.

Social Media ToolKit  vi presenta vari estratti dai nomi più gettonati della rete: da Giulio Xaet a Luca Conti fino a Miriam Bertoli.

Content: Selezione di saggi sulla tecnologia, la creatività e il copyright.  Se volete qualcosa di diverso dal solito ” Content is the King” … ecco ciò che fai per voi! Irriverente Q.B. come una cena di Natale con le zie da ubriachi.

L’umanista informatico: perfetto se, quando parlavi con i tuoi colleghi diventavi la vittima di atti di nerdismo in quanto “tu hai fatto il classico… cosa ne vuoi capire di tecnologia?”

Risveglia il tuo inglese: Al cenone di capodanno farai un figurone con i cugini australiani! Basta con “The pen is on the table”. Tramutati in un perfetto londinese e conquistati un posto a Buckingham Palace.

Immagina i corvi : l’ho scelto perché mi è piaciuto un sacco il sunto. Un giallo intrigante che sembra quasi una fiaba noir.

Nik Lund: ballata semiseria di un golem di città.  Eh si, ogni tanto un romanzo ci vuole. Questo mi sembra divertente e leggero. E poi volete mettere? Dove leggo di un uomo che cucina, riassetta, e fa visita alla sua tomba? Ah vero.. Lui non è un uomo. Lui è un …

Avete altro da consigliare? Avanti, c’è posto!

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A me gli occhi: comunicazione, multicanalità e idee per il futuro.


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Giornata dura ma fruttuosa quella di oggi. Sfidando i disagi della Trenord e l’ondata di freddo generale stamattina ho partecipato all’incontro dell‘Osservatorio Multicanalità 2012 organizzato da Nielsen, Connexia, e Politecnico di Milano.

Purtroppo devo darvi subito una brutta notizia: il Rapporto 2012 “Dai Mass Media alla Multicanalità di massa?” non sarà pubblicato online. La buona è che però avendone una copia credo di fare cosa gradita a tutti riportando le parti del documento che ritengo più interessanti.

L’apertura iniziale conferma la tendenza degli italiani a connettersi sempre più in mobilità: oggi il 56% di noi possiede uno smartphone in connessione, dato ci fa saltare in testa alla classifica europea di penetrazione mobile. Anche i tablet hanno un peso rilevante nelle nostre abitudini di consumo mediatico: l’ 85% lo utilizza per navigare su Internet, controllare la posta elettronica, scaricare applicazioni e leggere. Tutte queste attività, che possiamo chiamare di aggiornamento, sono facilitate dalla velocità di navigazione, dal trasporto e dalla semplicità di utilizzo del mezzo.

I device mobili incrementano anche il social networking: Facebook mantiene il maggior numero di consensi e il suo utilizzo mensile si attesta intorno alle 7 ore mensili per utente e 750 pagine visitate. Da vicino lo tallona Google+ che registra interessanti performance, e poi Twitter. Linkedin si configura solo in quarta posizione.

Nuovi stili di vita comportano a loro volta nuovi stili di consumo e di consumatori riassunti in 4 categorie:

  1. newbie:  hanno un  basso livello di interazione con le aziende, sono refrattari all’innovazione e hanno un processo d’acquisto poco strutturato
  2. old style surfer: target più rilevante con alta percentuale maschile. Attività di acquisto vecchio stile effettuata per risparmiare tempo.
  3. social shopper: Elevato grado di interazione con altri utenti e aziende. Esperti di shopping e di smart choice.
  4.  hyper reloaded: Hanno un’intensa vita sociale e durante il processo di acquisto vanno alla ricerca di molte informazioni. 

Se siete curiosi e volte conoscere le altre specifiche potete visualizzare l’intervento di Christian Centonze qui

I dati confermano che la ricerca di opinioni degli utenti e il confronto dei dati rendono il cliente il nostro primo “media” per avvicinare più consumatori. Il buzz, nonostante le grosse critiche degli ultimi tempi, è quindi un fenomeno abbastanza contenuto in quanto vi è la possibilità di verificare le recensioni false attraverso un lavoro di comparazione.

Un altro degli spunti che mi piace portare in luce è la discussione che oggi è avvenuta rispetto alla combinazione dei media: la pubblicità via internet e quella sulla TV non si contrastano più anzi, forti l’una dell’altra possono offrire contenuti diversificati e arricchire l’esperienza del consumatore. La multicanalità viene concretamente proposta come possibilità di cambiamento e di dynamic storytelling (come nel caso CocaCola) dove l’utente è libero di scegliere i contenuti che vuole rilasciati nei canali che preferisce.

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Soprattutto nel post vendita è sempre più forte la richiesta di un customer care online che risponda in tempo reale alle esigenze dei clienti e magari, perché no, un negozio che dopo aver effettuato il pagamento ci regali la rilassante esperienza del divano di casa piuttosto di quella sconfortante della fila alla posta.

La multicanalità presenta anche nuove sfide alle imprese: l’advertising dovrà tenere conto di utenti che utilizzano 2 o più device in contemporanea a fronte anche del fatto che non è più il click l’unità di misura su cui valutare l’efficacia delle performance ma il tempo speso. Il dato inoltre deve essere visto non solo dal punto di vista quantitativo ma anche da quello qualitativo così come ricordato da Giuliano Noci, del PoliMi (qui le sue slide).

A corredo del Rapporto è stato fornito anche il Watch& Buy report 2012, un documento attraverso cui Nielsen analizza insights, tendenze e spunti dei principali indicatori macroeconomici.

L’incontro di oggi ha reso sempre più chiaro che le aziende dovranno iniziare o continuare l’avvicinamento ai clienti utilizzando tutti gli strumenti messi a loro disposizione (social in primis e community). Solo chi riuscirà ad instaurare un dialogo con i propri utenti, ascoltarti, comprenderli e gestire i big data che questi rilasciano sulla rete usandoli per strutturare un’esperienza migliore, verrò premiato dal mercato.

Come ha detto Marc Pritchard CMO di Procter&Gamble ” Stiamo seguendo i consumatori” e per far sì che la nostra storia interessi è necessario ancora lavorare a quello storytelling emozionale che ha consentito alla P&G di raccogliere elevati consensi come nello spot delle Olimpiadi(qui la versione estesa, molto più emozionante secondo me).

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Infine se voleste fare un confronto dati ecco  un articolo in merito al report del 2011

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Talenti contro la crisi: se le startup sono delle donne


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“Se fare un’impresa fosse semplice probabilmente non si chiamerebbe impresa!“.Ogni tanto mi sovviene questo pensiero misto all’ammirazione per chi ha il coraggio e la pazienza di lanciarsi nel mondo aziendale. Se poi a farlo sono le donne queste parole assumono un significato più sfaccettato e complesso. 

Ne abbiamo parlato oggi al SOLE24ORE durante il  6° Forum della Cultura d’Impresa Talenti contro la crisi, leadership femminile, giovani e multiculturalità.  In queste poche parole sono bel delineate tutte le linee guida del futuro. Ma la società è pronta ad accettare questa sfida?

Secondo quanto sostenuto dalle partecipanti i dati parlano di una limitata presenza femminile ai vertici aziendali: una scarsità non dovuta alla mancanza di competenze quanto più ad comune sentire ed ad una distorsione della figura della donna causata anche dai media.

Durante il meeting a ho raccolto uno spunto interessante da Serena Torielli Immagine

 

Ed è su come superare questo problema che si è aperto il confronto fra le manager di alcune imponenti realtà (Unilever, Confindustria, etc.). Alcuni punti messi in luce sono stati

  • Diversity Management: ovvero il ruolo fondamentale che nelle imprese gioca il riconoscere qualità e competenze di un sesso e dell’altro e saperle fare interagire secondo la formula Think Different, act Together 
  • Unione Europea: nella prossima programmazione dei FSE, come detto da Laura Piatti, capo del segretariato del Ministro del Lavoro, verrà tenuto conto non solo dell’ inclusività dei progetti ma anche della loro ricaduta in campo sociale, dell’ approccio e del miglioramento della qualità della vita delle lavoratrici. 
  • Società: patrimonio e matrimonio  secondo Maria Cristina Molinari, Presidentessa dell’associazione “Pari e dispare”, nella mentalità comune influenzano le donne nella scelta delle loro ambizioni personali. Il matrimonio, quando che comporta  oneri familiari e figli, limita la possibilità che la donna decida di abbandonare il tetto coniugale. Il patrimonio, una volta considerato come l’eredità, oggi tende a sciogliersi e le donne si trovano a rischiare, a investire in prima persona il loro stipendio ma soprattutto a influenzare le scelte d’acquisto anche di mercati ritenuti esclusivamente maschili.

Un piccolo ma significativo miglioramento si nota nel campo delle startup dove quelle femminili sono più del 10% di quelle maschili come proposto nelle slide di Rosanna D’Antona.Immagine

Quali sono quindi i consigli da dare alle ragazze che vogliono spendersi nel mondo del lavoro?

Studiare, fare gavetta e poi puntare in alto. Fare networking e attivare una mentorship fin dall’inizio della propria carriera. Al fine di trovare non solo una persona che sia  guida e  riferimento ma anche che possa portare in luce capacità nascoste che a volte nemmeno noi siamo in grado di vedere. 

Ps. Se siete interessati a rivedere i tweet dell’evento trovate tutto sul mio profilo oppure usando l’hashtag #Leadership. 

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Questo pazzo pazzo mondo di tag


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Con l’arrivo dei freddi dicembrini il virus che colpisce le persone, oltre a quello dell’influenza, è il TaggaCheTiPassa. Mi spiego: avete presente quando la vostra bacheca si riempie di  auguri glitterati, cartoline che nemmeno negli anni ’90, o pseudovolantini di manifestazioni/mercatini/balere/giocate a tombola nel salone parrocchiale?  Come sfuggire dall’ennesimo orsetto che rotola nella neve o dal bigliettino con fatine, gnomi, elfi e chippiùnehapiùnemetta?  

In primis vorrei sfatare alcuni miti inerenti al variegato mondo della netiquette tagghifera (Tipo “Più gente taggo più persone verranno” o ” Diamo risalto all’evento” o ancora “Campagna pubblicitaria a costo zero” )

a) Taggare 250 persone nel volantino di un evento è come andare a pesca usando le granate. Se il tuo obiettivo è farti notare sulle bacheche altrui sappi che questo metodo non funzionerà perché al primo aggiornamento di status il tuo post scivolerà nel gorgo della dimenticanza… e ti saluto.

b) Essere taggati fra le 250 persone è fastidioso e inutile. Se stai organizzando un evento spendi 10 minuti di tempo e scrivi un messaggio personalizzato rispetto al tuo utente. L’effetto di un tag inappropriato è esattamente quello della pubblicità nella casella della posta o dello spam nella mail.

c) Prima di taggare chiunque chiediti: rientra nel mio target? è interessato all’argomento? Gli farebbe piacere partecipare? Ha la possibilità di farlo? Che senso ha richiamare nel tuo post utenti da Trieste se poi la tua manifestazione è a Palermo? Insomma: devi solo fare numero o stai davvero attuando una campagna mirata?

E ora passiamo al contrattacco. Come sbarazzarsi di questi taggatori folli in tre mosse

  1. Dalla pagina Facebook usando il menù laterale selezionate “Impostazioni sulla privacy” e scendete fino a Diario e Aggiunta Tag  Immagine

2. Cliccate sopra “Modifica impostazioni” e **magicamente** comparirà la seguente schermata dove concentrerete la vostra attenzione sulle parole che ho evidenziato per voi nell’ellissi rossa.Immagine

 

Bene. Adesso la parte più difficile  nel quale vi serve la concentrazione di un artificiere che deve disinnescare un pacco bomba. Lo vedete quel “NO”? Deve sparire. Anzi per la precisione deve mutare in Sì. Sì lo voglio!

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Una volta compiute queste semplici operazioni (alternate a qualche piccolo rito vodoo propiziatorio al fine di fare cadere le manine al prossimo che vi tagga inappropriatamente) avrete il pieno controllo della situazione. 

Tutta l’operazione richiede meno di 15 secondi e personalmente vi consiglio di farla subito, al fine di evitare all’indomani delle feste di avere il profilo invaso di contenuti di ogni genere e tipologia (ad esempio quella foto dove con le orecchie da renna e il naso rosso state cantando ubriachi come una scimmia al cenone natalizio, ecco, quella io non la vorrei proprio vedere!)

Nb.Per l’immagine ad apertura post ringrazio Veronica Gentili e vi invito a leggere il suo blog 

 

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Comunicazione e acquisti online: come l’inconscio guida le nostre scelte.


Se chiedeste ad una donna perché stia comprando l’ennesimo paio di scarpe la risposta sarebbe “Mi serve”! In realtà entrambi sapete che quell’acquisto è in parte irrazionale ma lo sapete in modo diverso. Immagine

Quando compriamo siamo convinti di farlo razionalmente, prendiamo le nostre decisioni, valutiamo, calibriamo e poi clicchiamo. Ma questo processo non è solo una comparazione di dati: quali tecniche vengono usate per “manipolarci”?

Scommetto che anche tu una volta sei cascato nel cross sell. A cosa pensi se ti dico  NineTnine Cents?

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Ecco come funziona. State passeggiando in centro con la vostra dolce metà quando attratta dalla vetrina lei da di matto e urla: “Cavolo! Solo 99 cents per un bagnoschiuma? Tesoro io entro!”. Poi mentre siete in giro fra gli scaffali vedete quel bel vaso a 4,99€, e quelle candele che starebbero tanto bene in salotto a 2,99€. Prendete anche le presine per la nonna a 1,99€ e mentre che ci siete le decorazioni per l’albero a 3,99€.

Ecco, volevate spendere 99 cents, e in men che non si dica avete lasciato al commerciante 10 euro. E avete avuto un bell’esempio di cross sell, ovvero quando un prodotto di lancio a prezzo basso serve a vedere altri prodotti più o meno collegati. Ovviamente la comunicazione gioca un ruolo fondamentale: quando mai avete visto fuori dal negozio le cifre in chiaro?

Se invece state tornando a casa convinti di aver fatto un buon affare chiedetevi se non siete stati abbindolati dal down sell, ovvero quella tecnica che consiste nel proporre al cliente prima il pezzo più costoso per poi farlo ripiegare verso uno più economico (reale obiettivo di vendita!), sottolineando però che ha le stesse qualità.

Chi sono le regine di questo tipo di comunicazione? Non ci crederete ma sono le commesse delle profumerie. Se siete mai entrati da Sephora sapete a cosa mi sto riferendo. A me è successo così:

” Ciao cercavo una palette di ombretti.. una cosa piccola. Sai non mi trucco molto…”

“Certo abbiamo quella di XY da 49,90€ o quella di AB 39,90€.”

“Ah capisco…”

“Però io ti consiglio quella da 24,90€ di ZX! E’ pure in offerta e ha praticamente le stesse cose! Guarda davvero, io l’ho provata e mi sono trovata benissimo! Non c’è proprio nessuna differenza! Te lo dico anche se io ci perdo nella vendita, ma non importa..”

Ed eccomi qui pochi secondi dopo con il mio bel pacchettino tutta contenta di aver fatto un affare. In realtà la mia percezione del prezzo effettivo dell’oggetto si è deformata quando la venditrice l’ha paragonata ad un costo che ritenevo esoso.

Sul web queste tecniche valgono ugualmente, usate con i giusti accorgimenti. Il cross sell regna incontrastato quasi ovunque: frasi come “potrebbe interessarti anche” o “altri utenti hanno comprato anche” dovrebbero accendere in noi un campanello d’allarme. Ho davvero bisogno dell’ennesima memory card se sto acquistando una macchina fotografica?

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Per quanto riguarda il down sell ne ho avuto stamane un esempio lampante con la campagna Alitalia.

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L’azienda propone uno sconto online del 15% a chiunque acquisterà un biglietto aereo dalle 12 alle 15.00 del 6 Dicembre, usando un codice. Peccato che i prezzi in queste ore (mentre vi scrivo la promozione è attiva!) sono stati gonfiati.

Faccio un esempio? Il volo che avrei pagato 110€ stamattina alle 9.00 adesso ne costa circa 141€, e con uno sconto del 15% lo pagherei 120€. Ma per l’utente è un affare, un’occasione. E siamo sempre molto attratti quando qualcuno ci promette o regala qualcosa, creando con noi una “relazione di reciprocità  e affettività”.

Molto più spesso down & cross selling vanno di pari passo: si mixano in strategie destinate a far percepire al consumatore la straordinarietà dell’offerta, la limitatezza del periodo in cui questa viene effettuata e anche la scarsità di pezzi per cui lo sconto è applicato.

Da ora in poi tenete gli occhi aperti, e nelle prossime settimane di shopping… non fatevi abbindolare!

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La BTO di Firenze cerca blogger


Attenzione attenzione e…save the date! Il 29/30 Novembre a Firenze si svolge il Buy Tourism Online, uno degli eventi più importanti del Travel 2.0. E come poteva mancare uno spazietto dedicato ai social lovers?

A questo link è possibile inviare la propria candidatura per proporsi come blogger. Amanti dei viaggi, del turismo e del marketing… fatevi sotto! A disposizione ci sono ben 30 posti che vi consentiranno non solo l’accesso gratuito alla fiera ma anche la possibilità di fare network, partecipare a dibattiti, approfondimenti e prendere parte ad un intenso e interessante programma di Training Session con spunti sui social.

Sempre di più sono enti pubblici, catene alberghiere e operatori del settore turistico che vanno alla ricerca di figure che possano aiutarli nello storytelling del prodotto o del territorio, con l’intento di migliorare l’offerta e potenziare la propria reputation online. Quindi cosa state aspettando!? Fate subito l’application e… in bocca al lupo!

Per la preziosa segnalazione ringrazio Roberta Milano docente della Cattedra Garrone, anima del BTO e … Geek Girl Dinner ovviamente!

That’s all!

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Startup: ma non è davvero un lavoro per donne?


 

Sono rimasta piuttosto perplessa dopo la lettura di questo articolo di Vanity Fair. Perplessa perché mi preoccupa il fatto che nel 2012 ci siano persone che ancora dividono il mondo del lavoro in ” per maschietti” e  ” per femminucce”. No, alt. Non sono una di quelle strafemministe convinte che ritengono di poter fare qualsiasi cosa meglio dei colleghi, tutt’altro. Ma ormai noto con piacere che, soprattutto nella mia generazione, queste barriere mentali sono cadute.

L’articolo titola che fare impresa, anzi come si dice ora, startup, non sia un lavoro per donne e riporta il conteggio di quante di queste hanno pensato all’imprenditoria. Ma se ciò in parte può anche essere vero è da valutare l’altra faccia della medaglia, ovvero quella che dentro i team degli startupper ci sono molte ragazze. Ed io ho la fortuna di essere una di queste. Ma perché una donna dovrebbe lavorare in una startup?

  1. E’ un ambiente informale. Questo non significa che puoi passarti la limetta sulle unghie o darti la seconda mano di smalto durante una skype call. Ma se nei tuoi sogni non c’è quello di infilarti in uno stringato completo da segretaria allora sei nel posto giusto.
  2. C’è sempre bisogno di una delle tue competenze. Che sia quella di creare dei contenuti indicizzati, approntare la preparazione del pitch o attaccare un bottone alla camicia del tuo collega, sappi che puoi essere sempre d’aiuto e sostegno. Trasforma la sindrome da crocerossina in reale supporto al team: è una cosa che i tuoi colleghi apprezzeranno.
  3. Puoi gestirti il lavoro da casa:  e chi se ne frega se non sei riuscita ad andare dall’estetista o dal parrucchiere. Skype, WhatApp e documenti condivisi sono i tuoi migliori amici. Le startup sono ambienti senza pareti dove tutto filtra e fluisce con leggerezza e facilità. No burocrazy in the startup!
  4. C’è spazio per le idee di tutti: significa che gli altri si aspettano il tuo parere e il tuo contributo. E’ il miglior modo per mettersi in gioco, imparare da chi ti sta a fianco e mettere in mostra le tue capacità.
  5. Impari a fare networking: ci piace chiacchierare, conoscere, curiosare. Le donne sono “sociali” per natura e portare a far crescere dentro di loro idee e progetti. (Il che ci rende anche delle inguaribili sognatrici!)
  6. Ci guida la passione. Se vuoi lavorare in una startup devi andare oltre le regole dell’ufficio. Si lavora senza orario, si studia ogni giorno, si persegue un obiettivo fino allo sfinimento. Ci sono pochi soldi (ecco questo lo devi sapere!) ma molte possibilità di crescita e l’opportunità di farsi parecchi contatti utili anche per il futuro.
  7. Puoi trovare l’amore:  quello vero, appagante, totalizzante. Il che non significa flirtare con il tuo collega ma imparare ad amarti attraverso ciò che fai e ciò che metti a disposizione degli altri. E questo ti fa andare a letto distrutta ma felice.

Questi sono alcuni dei miei motivi. E tu cosa ne pensi?

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Cara Italia, fidati di noi.


Vivere da 2 settimane con 14 giovani  imprenditori provenienti da tutta Italia poteva capitare solo a me. Una bella opportunità che ogni giorno mi mette alla prova e mi entusiasma sia nel rapporto con i colleghi sia nell’apprendimento. Certo non è sempre facile:  non sono più molto abituata a stare a lezione per 9 ore ma l’ambiente che si è creato è fresco, giovane e propositivo, quindi la fatica viene ricompensata.

Vorrei scrivere molto di più di questa esperienza che sto vivendo, e magari raccontare di alcune lezioni che ho trovato particolarmente significative (ad esempio quella di Lella Mazzoli dell’Università di Urbino!), ma il tempo è tiranno e fra poche ore mi attende la presentazione del business plan.

Ma una cosa voglio condividerla con voi e spero che questa possa dare speranza a chi legge. Stare qui è senza dubbio una delle cose migliori che mi sia mai capitata. Non tanto per la possibilità di imparare dai professori, quanto per l’occasione di frequentare questi ragazzi che come me vogliono cambiare l’ Italia.

Da Brescia a Benevento da Latina fino alla Cina ho l’onore di dividere con loro le mie giornate, ascoltare le loro perplessità e discutere dei progetti che tutti insieme facciamo per l’avvenire. Ed è bellissimo svegliarsi la mattina e sentire il toscano e il salentino milanese e siciliano mischiarsi in un mix che poi diventa una lingua unica. Parlare di amministrazione e scelte, di progresso e innovazione, di avvenire e di scoperta, di passato e di promozione del patrimonio culturale. Glielo vedi negli occhi che questi ragazzi amano la loro terra intensamente pur avendo viaggiato  dal Messico all’Inghilterra, dall’Africa alla Francia. Sono cittadini del mondo ma hanno sempre in tasca e nel cuore le chiavi di una casa che vogliono tornare a rendere bella e splendente.

Cara Italia, fidati di loro. Dagli la possibilità di cambiare ciò che è ingiusto o provare a modificare quanto è sbagliato. Dai una chance a questo rapporto d’amore e odio, e cercate per una volta di fare una pace. Mettono al servizio del tuo futuro passione, impegno ed energia e chiedono in cambio il tuo sostegno. Questa è la loro promessa. Questo il loro giuramento d’amore e fedeltà.

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Turismo e Social Network: quanto vale la verità?


Che ci faccio a Siracusa con 24 giovani eccellenze italiane provenienti da tutta Italia? Adesso posso dirvelo. Qualche tempo fa sono stata selezionata dalla Fondazione Garrone   per frequentare un corso di Alta Formazione in Management del Turismo Culturale. Un po’ perché lateralmente tocca il mio lavoro con la PA e un po’ perché adoro Ortigia e prevedevo molte possibilità di scoperta, progettualità e networking ho accettato con piacere.

A parte la situazione molto studentesca, che non dispiace, almeno al momento, è da un po’ di giorni che la nostra formazione avviene in maniera totale e … totalizzante. Si parla di fare impresa nell’ambito del turismo culturale in un’accezione molto ampia nella quale rientrano anche servizi e new technology.

Mi sono sentita particolarmente toccata ieri quando durante la lezione di Marketing dei Distretti Turistici la professoressa De Salle ha fatto riferimento a due campagne pubblicitarie di promozione. La prima, di KLM, azienda che ha deciso di personalizzare il rapporto con i propri passeggeri offrendo un regalo a chi, attraverso i social network, avesse condiviso l’esperienza del viaggio in aereo.

La seconda quella di un piccolo paese svizzero, Obermutten, che ha deciso di rendersi più globale utilizzando Facebook come si vede da questo video

Due modi di usare i social molto diversi ma congiunti nello scopo, quello di avvicinare le persone e far conoscere l’aspetto più umano a volte bisfrattato dalle grosse campagne. La socialità e la capacità di mettere in piedi relazioni quasi confidenziali con il pubblico è per me un valore aggiunto che diventa vincente nel campo della comunicazione. Niente autoreferenzialità, messaggi autoritari o eccessivamente sofisticati. Il miglior approccio è la semplicità. A fronte di ciò medito anche su un fattore. Queste campagne hanno aumentato il numero di liking dell’azienda/paesino ma non sarebbe anche il caso di valutare l’effettivo engagement? Quanti si sono mossi per andare in Svizzera? Quanti hanno acquistato un volo KLM invogliati dalla tecnica di caring aziendale?

Se un’agenzia di comunicazione vi promette di aumentare il numero di fans del vostro profilo ricordatevi anche che l’interazione è il vero termometro della situazione, e non il mero numero di followers, che cresce o diminuisce (per non parlare di quando questi followers vengono acquistati!). Infine è bene ricordare che siamo ancora un po’ lontani dal poter misurare con matematica precisione, la qualità dei commenti che vengono fatti intorno ad un prodotto o ad una azienda. Le macchine non sono in grado di comprendere l’ironia per cui se scrivo “Che bel viaggio!” alludendo ad una situazione di disagi e magagne, questa affermazione verrà comunque registrata come una nota positiva.

Come porsi davanti ai destinatari (nel caso del turismo gli eventuali turisti?). Essere chiari, invogliare con promesse che possono essere mantenute e creare i sei passaggi del marketing emozionale.  Del resto “Una verità ben raccontata fa più strada di una bugia”.

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