Cosa può insegnare l’arte alle startup


Vi è mai capitato di restare paralizzati davanti ad un quadro o affascinati da un’istallazione? A me spesso, così tanto che a volte mi rendo conto solo dai colpi di tosse dei visitatori vicino a me che sto occupando la visuale.  Ho sempre pensato che l’arte non è solo “comunicazione” ma anche una lente attraverso cui osservare il mondo e proprio qualche sera fa parlavo con uno dei miei amici startupper sul fatto che artisti e imprenditori condividano molte cose: la realtà della visione,  l’esigenza della “creazione”,  il grado di rischio e incertezza che il prodotto finale comporta davanti al pubblico.

A quanto pare a dirlo non sono solo io ma anche Jack Dorsey così ho pensato di estrapolare  alcuni quote fra i miei preferiti che possono essere d’aiuto agli entrepreneur.

degas1) Ho visto cose bellissime grazie alla diversa prospettiva suggerita dalla mia perenne insoddisfazione. E quel che mi consola ancora è che non smetto mai di osservare – Edgar Degas 

Strano ma vero il pittore delle angeliche ballerine era un uomo alla continua ricerca della perfezione. Riuscire a riprodurre su tela il movimento che una danzatrice esegue in una frazione di secondo richiede tempo e studio attento, perseveranza e costanza esattamente come nella fase iniziale dello studio di mercato

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2) Si deve creare costantemente scompiglio: ciò mette in moto il processo creativo. Tutto ciò che genera contraddizione è sinonimo di vita  Salvator Dalì

Il buon Dalì non sapeva che ciò che lui chiamava con “scompiglio” altro non è che il cosiddetto brainstorming. Questo spiega anche come mai in un ambiente in cui tutte le persone provengono da simili esperienze è difficile essere più originali. Soluzione? Circondatevi di collaboratori “variegati”.

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3)Ogni parte di un insieme deve essere proporzionato all’insiemeLeonardo da Vinci

Ovvero utilizzare la giusta misura sia nella composizione del team sia nel tempo da dedicare alle varie attività.  E’ vero: fare networking e presenziare agli eventi sono omenti importanti ma privilegiare solo questi aspetti rischia di non far funzionare all’atto la vostra idea. Quindi mettetevi a lavoro anche se questo significa magari saltare un aperitivo o una conferenza.

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4) Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e muta. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare. Ad esempio il fiume: un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente – Claude Monet

Esattamente come l’acqua in cui si specchiano le ninfee di Monet anche la società e il web sono perpetuamente mutevoli. Un’ applicazione che oggi ci sembra indispensabile domani diventa obsoleta. Un’idea che ha del potenziale se non viene colta nell’attimo rischia di diventare un fallimento. Qual è il segreto? E’ un po’ come quello del vino: scegliere le materie prime migliori, lavorarle con passione e aspettare il giusto momento per gustarle.

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5) Ogni atto di creazione è prima di tutto un atto di distruzionePablo Picasso

Questa frase l’ho letta per la prima volta sul muro dell’esposizione tenutasi a Milano qualche tempo fa. Mi ha colpito: non avevo mai pensato a Picasso come uno intento a accartocciare fogli,  scarabocchiare con insoddisfazione tele o disegnare per decine di volte lo stesso soggetto. In genere pensiamo che l’artista crei alla maniera mozartiana: per pura ispirazione divina e senza nessuna incertezza. Ma la realtà è che il processo di ideazione assomiglia molto di più agli spartiti di Beethoven pieni di cancellature, correzioni e variazioni. Non abbiate paura quindi di cambiare idea, di modificare aspetti o definire ulteriori dettagli.

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6) Faccio sempre ciò che non so fare per imparare come va fattoVincent Van Gogh

Pensare che queste siano le parole di uno dei mostri sacri dell’arte fa un po’ riflettere: immaginare Van Gogh che si esercita in qualcosa di estraneo all’arte fa decisamente sorridere. Ma dietro questa frase traspare una realtà innegabile: se si vuole non si finisce mai di apprendere e di nutrire il proprio cervello con nuovi stimoli e questo per un founder è un’aspetto importantissimo da sviluppare

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7) La vita è troppo breve per prendersela per uno stupido erroreAndy Warhol

Non faceva lo startupper Andy Warhol ma sapeva benissimo che drammatizzare su un fallimento non avrebbe giovato. Se la startup non ha successo, se nessuno sembra disposto a prestarci ascolto è il caso di fermarsi a fare delle considerazioni. Ben venga la voglia di capire dove e perché abbiamo sbagliato, ma che questo sia solo il punto di partenza per migliorare il prodotto finale.

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Io vado per (non tornare).


E’ passato un po’ di temo dall’ultimo post. Cosa ho fatto intanto? Ho ripreso la valigia, ci ho messo dentro lo stretto indispensabile e sono tornata a Milano, dove un po’ mi sento a casa pur sapendo che non è casa mia.

Non ho salutato nemmeno gli amici. E quando qualcuno mi chiede “ma perché non sei passata almeno a dirmi arrivederci?!” rispondo ” Vado a Milano, non in Vietnam!”.

Ogni tanto, tipo stasera, qualcuno mi fa domande del genere ” Ma tu torneresti in Sicilia?”. La risposta è sempre pesante, meditata, condita di tanti “se, ma, dipende..” . Non è facile per me trovare una frase adeguata. A volte vorrei, davvero, prendere un aereo e decidere di vivere vicino al mare. Ma è anche vero che tornare indietro per non dare niente alla terra dove sono nata sarebbe un’ulteriore colpo al cuore.

Quindi ho deciso: io vado per non tornare. Per non tornare con meno idee ma per portare innovazione. Per trasmettere la creatività, la fantasia e la passione del popolo di cui faccio parte. Vado perché un giorno possa essere fiera del fatto di aver portato al luogo dal cui vengo, progetti, sogni, speranze e magari una via diversa per il futuro.

 

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Il Web, la teoria del dono, il disordine e la Cina.


piscina cina

Mentre voi vi godete le spiagge, instagrammate piedi a mollo fra le onde e tramonti  io come al solito faccio valigie e leggo montagne di roba creando stupore e sconforto nei miei parenti che proprio non capiscono come possa preferire un’analisi dei dati sui social al concertone dei Negramaro.

Detto questo ho appena scoperto, andandomene in giro per il web, una curiosità sulla Cina che mi ha portato a fare una serie di collegamenti che voglio condividere con chi non è ancora in acqua a ballare l’ultima hit latina del momento.

In Cina non esiste il concetto di “regalo”.

“Bei tirchioni!” Penserete voi. Ed in effetti l’ho pensato anche io. A quanto pare i cinesi donano solo “cibo” cioè qualcosa che serve al sostentamento fisico primario. Se un cinese vi regala qualcosa è solo per mettervi a vostro agio, farvi un favore. Il dono, inteso nel senso di noi europei, non rientra nella loro cultura.

Internet è secondo me il terreno principale della teoria del dono. Ogni giorno migliaia di articoli su quanto sia importante condividere, fare networking, lavorare in team ed essere generosi con gli altri ammorbano le nostre time-line tanto da creare una disordinata concentrazione di messaggi.

E se fosse questo l’inghippo?  Se donassimo così tanto di noi stessi (troppo!?) alla rete tanto da creare una situazione di overflow (leggasi “spaccamento di mar*ni  ai vostri contatti”). Del resto a voi non è mai capitato che vi dicessero “E basta con ‘sti check-in!” o “Ammazza, ma quanto posti?”

A me sì, quasi sempre.  Quindi ciò su cui mediterò in questi pochissimi giorni di relax sarà

“Meno condivisione, più concentrazione”.

Che detto così suona molto essenziale, minimal e zen ed in realtà significa soltanto che non vi mostrerò le mie gambe mentre mi sparapanzo come un gatto al sole.

Buone vacanze a tutti!

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Foursquare attiva i check-in di gruppo


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Scene da un appuntamento. La maggior parte delle volte quando giungo al locale dove i miei amici mi aspettano li  trovo con il naso immerso nello smartphone. La ragione è sempre la stessa: stanno tutti facendo check-in.

Se vi state chiedendo a cosa servono i check-in su Foursquare vi potrei raccontare di quante volte mi sono stati d’aiuto. Ad esempio in aereoporto dove facendo check-in spesso ho incontrato amici social worker anche solo per una stretta di mano o un caffè. Per non parlare dei tips visualizzati a seguito: nel 90% dei casi per quanto riguarda ristoranti e attività commerciali ci azzeccano molto più dei vari Tripadwisor & co. Vuoi sapere com’è la pizzeria dove stai entrando? Fai check-in e lo saprai!

Fino a qualche tempo fa l’unico modo per segnalare la propria presenza con altri amici ad un evento o in un locale era quello di citarli. Adesso basta che uno solo degli utenti faccia check-in per inserire e condividere automaticamente l’azione con tutti gli altri. La nuova features presenta (attualmente solo in inglese) il campo “I’m with” dove il vostro nome potrà essere inserito.  “Altolà! – direte- e la mia privacy?!”. Gli sviluppatori hanno pensato anche a questo. Con la nuova versione potrete decidere se mostrare sul vostro profilo l’azione compiuta da chi vi ha incluso nel check-in o semplicemente cancellarvi dalla localizzazione.

Dulcis in fundo, nel check-in di gruppo è possibile inserire anche chi non è registrato a Foursquare: basterà selezionarlo dall’apposita lista degli amici presenti su altri social (come ad esempio Facebook).

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Mapbox e Foursquare Time Machine: come creare mappe di dati


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“Fra dieci anni fare lo statistico sarà il lavoro più sexy del mondo”.  Non ricordo chi l’ha detto ma credo che chiunque egli sia ha dimenticato di aggiungere “e sarà anche molto divertente!”. Ho sempre avuto un po’ di problemi con date, dati e numeri in generale e ammetto che in uno dei miei esami universitari (nda:Geografia) ho mandato un paio di maledizioni agli autori del libro che avevano inserito grafici incomprensibili. Sono sicura che tutti voi almeno una volta nella vita avete provato la sensazione di essere sommersi di numeri e percentuali e non ne siete usciti affatto contenti.

Magari un corso di semplificazione grafica (come quello tenuto da HubSicilia qualche tempo fa) sarebbe molto utile a coloro i quali, per lavoro, per passione o per necessità, si trovano a dover comunicare immense quantità di dati. Anche perché l’analisi delle informazioni che stiamo raccogliendo grazie alla tecnologia sta diventando sempre più visual. In rete ho scovato due esempi che mi sono piaciuti tantissimo e voglio condividere con voi

Più iPhone o Android: scoprilo con la mappa di Mapbox! Nell’eterna lotta fra la mela morsicata e l’omino verde bastano pochi click per scoprire se siano più numerose le legioni della prima o gli adepti del secondo. Con questa mappa interattiva  potrete sapere se al mondo ci sono più iPhone o più smartphone Android. Il risultato è calcolato sulla base dei tweet inviati e la mappa consente all’interno del box di ricerca di specificare precise città di riferimento. Ma Mapbox  è un servizio che consente di creare mappe dettagliate e personalizzarle in pochissimi click: ideale per presentazioni di lavoro e per gli studenti.

Foursquare TimeMachine: ovvero so dove sei stato. Hai una vaga idea di quanti check-in hai effettuato? Quali sono i luoghi che frequenti più spesso? Qual è stato il viaggio più lungo che hai percorso? Grazie a Foursquare TimeMachine hai la risposta a tutte queste domande in pochi istanti. Anche qui l’applicazione, cliccando sulla sezione My History, crea una infografica interattiva analizzando i dati del tuo account (ed è davvero bella, provare per credere!)

Visualizzare le informazioni che raccogliamo in modo facile, usabile e intuitivo è una delle grandi sfide del futuro che ci prepariamo ad affrontare. Ogni scelta, ogni preferenza che comunichiamo online ha un valore anche in termini economici. Siete curiosi di sapere quanto le agenzie di marketing pagherebbero  per conoscere le vostre abitudini? Non immaginatevi cifre astronomiche: secondo questo articolo il valore di un profilo dettagliato è meno di un dollaro.

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Di Repubblica, di Twitter e di scimmiette evolute.


città

Tutto nasce da questo articolo “L’Italia delle serrande che si abbassano. Inviate le foto dei vostri negozi del cuore” o forse meglio da questo articolo .  Un’iniziativa che sulle prime poteva sembrare bella: raccontare il cambiamento delle città attraverso il cambiamento dei negozi. Fare un po’ di archeologia industriale e riportare a galla “come eravamo”  perché (cito dall’articolo) “La città si nutre di distruzione ma ha sempre fame di nostalgia. Ci ricordiamo di una bottega, di un campetto di calcio ricavato tra i palazzi e vediamo due cose: quello che il tempo ha soffocato e insieme il nostro presente.”

Tutto questo accadeva il 18 Agosto 2010. A Giugno 2013 Repubblica, decide di modificare l’obiettivo e riproporre l’esperienza ma con una variante: raccontare la crisi attraverso le foto dei negozi chiusi. Si sono alzate molte proteste e altrettante proposte dal web: una fra tutte quella di Laura Colciago (ScaryLalla)  che ha raccolto i diversi tweet pervenuti all’account di Repubblica e ha ipotizzato un’alternativa al concorso “saracinesche abbassate”.

Per quanto mi riguarda ho detto ciò che penso in uno status condiviso su Facebook

costoso

Una scimmia evoluta che ha bisogno di un simulacro a dimostrazione del potere sulla realtà in un rapido passaggio dall’amigdala allo smartphone.

E pensare che questa idea di raccontare la città, i tempi che cambiano, le relazioni e le vite degli altri viste attraverso occhi diversi, avrebbe potuto essere davvero un bel pezzo di giornalismo “condiviso”. E invece niente: è nato proprio storto, deforme, questo progetto, a cui è stato addebitato da molti un carattere di morboso voyeurismo e pessimo gusto.

Non sono tempi facili per i media che probabilmente non hanno ancora compreso a pieno gli effettivi risvolti di una situazione in cui il pubblico è in possesso di un’arma di comunicazione di massa. Ma ciò non toglie il fatto che, al di là del voler raccontare un’Italia che cade a pezzi, a cui viene meno la vocazione commerciale (a scapito della febbre delle startup che cresce a dismisura!) esistano modi e modi di raccontare, di fare cronaca, di creare e narrare storie.

Mi viene in mente Le Città Invisibili di Italo Calvino, che secondo me è uno dei più bei libri di sempre. E faccio anche io la mia proposta: perché non raccontare le città “che non riusciamo a vedere”? I monumenti chiusi, le opere incompiute, i restauri prolungati e mai terminati. Le strade da costruire, le piccole chiese che sono gioielli, i territori inesplorati, gli angoli dimenticati o lasciati alle incurie del tempo?

Raccontare una città  riscoperta, rivissuta con lo sguardo al futuro partendo da ciò che essa  è stata.  Ridonare gli spazi alle persone e ridare spazio alle persone. 

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CheckBonus: I love shopping …con il premio!


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“Non esiste il problema che scarpe nuove non possano risolvere”. Questo il motto che ogni donna conosce bene e che ci ha consentito, fino ad ora in maniera del tutto legale, di riempire scarpiere, scatole, armadi e (giuro!) anche automobili di scarpe. Mentre per alcuni l’esperienza d’acquisto è sinonimo di stress, confusione e lunghe code alla cassa per il gentil sesso passeggiare fra le vetrine è un momento di svago, quando non proprio di alienazione dalla realtà circostante. “E se potessi ricevere dei premi per questo?”.

Quando Pierluigi Casolari me lo ha detto ho pensato ” Eccolo qui: un altro che propone coupon!”. Ma il concetto che sta alla base di CheckBonus è differente e merita un approfondimento.

Checkbonus è un generatore di traffico la cui funzione è incentivare gli utenti  alla visita del punto vendita come cuore dell’esperienza di acquisto. Basta usare l’app per scoprire i negozi o gli esercizi convenzionati, entrare e guadagnare punti per richiedere i premi del catalogo CheckBonus.

Il team che lavora all’ambizioso progetto è composto da Yuri Ceschin (CTO) e dal CEO Pierluigi Casolari  entrambi provenienti  dal mondo del digital e del mobile. Incontratisi quasi per caso allo Startup Weekend di Milano la squadra ha stabilito i suoi “uffici” presso la sede dello spazio coworking Talent Garden a Milano grazie alla disponibilità di Marcello Merlo e Davide Dattoli. E da lì ha cominciato a pianificare gli step necessari allo sviluppo e al lancio.

Ma cosa ci guadagnano utenti e negozianti? I primi hanno la possibilità di beneficiare di omaggi, voucher, giftcards, smartphone e ricariche. I secondi  hanno l’opportunità di attrarre nel loro negozio più persone e ripristinare un rapporto d’amore tra gli utenti  muniti di smartphone riportandoli al piacere dello shopping offline.  

Perché se è vero che basta poco per avere una recensione negativa su uno dei tanti social, basta anche meno perché le persone entrino, provino, facciano una foto al look completo e poi vadano a comprarlo online (ricordate? Ne parlavo in questo post).

Personalmente credo che CheckBonus abbia anche la necessità di far rinascere quel rapporto di fiducia fra chi compra e chi vende, rendere più piacevole l’esperienza d’acquisto, migliorare l’accoglienza e i servizi offerti nel punto vendita e, perché no, insegnare anche un po’ di relazionalità a commessi/e a volte sgarbati e poco pazienti.

Attualmente non sono presenti competitors diretti sul territorio nazionale. Esistono modelli analoghi che si stanno affermando su molte nazioni europee e in America. L’esempio più eclatante è Shopkick che ha recentemente superato i 5 Milioni di istallazioni.

Che sia questo il futuro dello shopping? Ritornare al rapporto cliente-commerciante ormai smarrito nei meandri degli outlet o dei giganteschi centri commerciali? Certo è che i clienti stanno apprezzando sempre di più nuove modalità di consumo: dai prodotti a chilometro zero che arrivano direttamente a casa, all’artigianato locale, dalle piccole botteghe fino ai mercatini. L’utente è alla ricerca  di qualità nei prodotti: chi vorrà farselo amico dovrà mixare abilmente strategia, tecnologia e soprattutto umanità.

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Voglio lavorare in una startup!


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Lo state pensando anche voi? Allora abbiamo un pensiero in comune: da un pezzo ho scoperto che, rispetto alle situazioni più standard, trovo molto divertente e stimolante lavorare nell’ambiente delle startup.

Sarà perché sono una persona curiosa: appena sento un progetto nuovo o conosco qualcuno con un’idea mi piace capire come posso aiutarlo, quali contributi del mio background posso offrire. Sarà perché sono un po’ folle così vengo catturata dai racconti di come sono nate alcune aziende o perché si sceglie di fornire un servizio piuttosto che un altro. Sarà anche perché sono amante del gioco di squadra e questo in una startup è molto, se non praticamente tutto.

Ma ovviamente non è tutto rose e fiori. Lavorare in una startup significa anche sapere quando si comincia ma non quando si finisce. Non ci sono orari, si è sempre connessi, ed è molto probabile che vi troviate spesso a fare i salti mortali (con triplo avvitamento, se si può). Potreste avere colleghi giovani e simpatici ma anche giovani e impreparati a gestire determinate situazioni: potrebbero capitare intoppi come quello di non essere pagati puntualmente o potreste trovarvi a risolvere situazioni di emergenza come mandare 700 mail in un pomeriggio per il lancio di una novità.

Però lasciatemelo dire: è un lavoro che regala anche soddisfazioni, che ti mantiene vivo e sveglio, che ti fa capire realmente il peso del tuo operato. Bando alle ciance, starai dicendo, come faccio a lavorare in una startup!?

Detto fatto. Tanto per cominciare sappi che poche startup passano dai canali di reclutamento tradizionali. La maggior parte si affida ancora al passaparola. Quindi prima regola: presidiare social, eventi e gruppi dove gli startupper si incontrano e chiedono/pubblicano offerte di lavoro.

Su Facebook molto attive sono le comunità di Indigeni Digitali e Italian Startup Scene che ha da poco lanciato un sottogruppo dedicato solo agli eventi Italian Startup Events. Se hai competenze più specifiche chiedi di essere aggiunto al gruppo Startup Cerca Web Designer e Developer . Per chi aspira all’internazionalità ci sono  i vari Startup Job: in Finlandia, in Asia  e a Berlino.

Su Linkedin partecipa attivamente alle discussioni e condividi le tue esperienze nei gruppi  Startup Entrepreneurs NetworkStartup MasterMind e Italian Startup Entrepreneurs.

Su Twitter creati una lista di account di startup: segui i loro percorsi, valuta se sono nella fase di ricerca oppure stanno concludendo qualche passaggio importante, segnati i nomi dei CEO e dei responsabili che twittano. Se necessario mandagli un messaggio privato per proporgli qualche tua idea o iniziare un dialogo (senza aspettarti però di avere subito una risposta).

Più in generale ecco una serie di risorse utili sul web  per chi è cerca lavoro nelle startup

  • Sei un giovane programmatore? Forse conosci già github.com un sito che offre la possibilità di condividere online i tuoi lavori e ricevere gratuitamente il supporto degli altri membri stringendo relazioni professionali molto interessanti.
  • Se sei uno smanettone  Ycombinator è quello che fa al caso tuo: anche qui grazie alla presenza online potresti iniziare a farti notare.
  • I web designer si mettono in mostra su behance.net o su dribble.com:  oltre a creare il tuo portfolio online puoi usare le gallerie per prendere spunti e ispirazione per i lavori futuri.

E tu? Conosci qualche altro sito o gruppo utile per chi vuole lavorare in questo settore? Condividilo con noi! 

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Facebook verified Pages e Twitter Tv advertising: tutte le novità da non perdere


Era un pezzo che il signor Zuckerberg se ne stava in silenzio nel suo quartier generale senza far parlare i media. Ed era anche un po’ che si vociferava di imminenti novità su Twitter. Ecco, nel giro di poche ore, si sono scoperte le carte di entrambi.  Forse per non lasciare spazio al concorrente e bloccare sul nascere eventuali vantaggi competitivi le due notizie sono state date a breve distanza l’una dall’altra. Ma andiamo con ordine e vediamo le novità che ci riserveranno nelle prossime settimane i due più importanti social network.

Twitter: in arrivo Lead Generation Cards e Tv Targeting per Advertisers. Nuove opportunità quindi per il mondo dell’advertising sempre più legato alla televisione e all’uso del doppio schermo.

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Il fine del Lead Generation Cards sembrerebbe quello di creare un filo diretto fra aziende e utenti: basterà semplicemente espandere il tweet e compilare un form tramite il quale ricevere gli aggiornamenti del brand che ci interessa e che, sono sicura, riguarderanno anche promozioni molto più targetizzate. Per quanto riguarda il Tv Targenting consentirà ai promotori di ottenere in tempo reale dati sui telespettatori,che si sa amano fare livetwitting dei programmi. La pubblicità acquisirà  dunque una dimensione decisamente più interattiva e mirata e probabilmente invasiva.

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Facebook: arrivano le pagine verificate.  Sulla scia degli account Twitter per i quali si può essere piuttosto sicuri dell’identità del proprietario ecco arrivare le pagine verificate anche su Facebook. Dall’annuncio si legge che inizialmente saranno disponibili solo per pagine di celebrity e personaggi pubblici, quindi con grandi numeri di fan e solo in seguito la verifica sarà applicata anche ai profili personali. Inoltre non sarà possibile da parte degli utenti, la richiesta di verifica, almeno per adesso.

Sorgono ovviamente i primi dubbi: in base a cosa le pagine verranno verificate? Come si potrà realmente conoscere l’identità del gestore? Chi garantisce la giusta forma di comunicazione? Quali sono le responsabilità a cui l’eventuale community manager va incontro? Tutti dubbi leciti e che prima o poi Mark dovrà chiarire.

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5 Modi di usare i social a cui non avevi pensato


Social Media

Sui social è stato scritto di tutto. Sui social è stato scritto forse anche troppo. Un professore d’università diceva ai miei amici a lezione ” Chiedete a Google, lui conosce ogni cosa”. E lo diceva con così tanta convinzione che dopo poche settimane nacque il tormentone “Google tutto sa!”.

Simpatico aneddoto a parte tutti oggi conosciamo come usare Google, come connetterci a Facebook o come mandare un tweet. Ma siete sicuri di conoscere anche gli usi alternativi dei social?  Eccovi una lista di cose che si possono fare online usando network e motori di ricerca a cui forse non avevate pensato

1) Usare Foursquare come “agenda gourmet”. I vostri amici sono delle buone forchette? Non perdete l’occasione di sfruttare i loro check-in ma salvateli in una specifica lista che potrebbe tornare a farvi comodo qualora foste in una zona sconosciuta e vi servisse trovare una buona pizzeria.

2) Usare Facebook per i vostri biglietti da visita personalizzati.  Se siete usciti sconfitti dall’ennesimo scontro con Photoshop e ad ogni meeting  non sapete cosa dare se non quel brutto biglietto da visita tagliato a mano con le forbicine dentellate provate Moo.  Il suo servizio di biglietti Facebook creerà automaticamente per voi delle business card usando le immagini che avete impostato come copertine: un bel modo per far capire chi siete anche nella vita di tutti i giorni!

3) Trovare lavoro con Twitter. Arriva dall’America il Tweetsume ovvero il CV in 140 caratteri. Certo, non sarà il massimo per chi vuole dare ampio spazio alle proprie competenze ma il vantaggio di utilizzare gli hashtag e la quantità di persone che avete fra i contatti e che leggeranno il vostro sunto può fare la differenza.

4) Usate Instagram per creare l’album di nozze o riordinare le foto delle vacanze.  Chiedete ai vostri invitati e agli amici di usare un unico  hashtag per tutte le fotografie che scatteranno. Questo consentirà a chiunque di poter vedere immediatamente le immagini e contemporaneamente a voi di organizzare album e raccolte con pochi click. Se poi ci aggiungi che da oggi puoi anche taggare chi vuoi…

…ed infine…

5) Fate i conti con Google. Non è necessario usare una calcolatrice quando potete avere un motore di ricerca. Basta scrivere nella barra l’operazione da eseguire e Google vi darà magicamente il risultato.  In fondo il prof. dei miei amici aveva ragione. “Google tutto sa. Basta saper chiedere!”.

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