Di Repubblica, di Twitter e di scimmiette evolute.


città

Tutto nasce da questo articolo “L’Italia delle serrande che si abbassano. Inviate le foto dei vostri negozi del cuore” o forse meglio da questo articolo .  Un’iniziativa che sulle prime poteva sembrare bella: raccontare il cambiamento delle città attraverso il cambiamento dei negozi. Fare un po’ di archeologia industriale e riportare a galla “come eravamo”  perché (cito dall’articolo) “La città si nutre di distruzione ma ha sempre fame di nostalgia. Ci ricordiamo di una bottega, di un campetto di calcio ricavato tra i palazzi e vediamo due cose: quello che il tempo ha soffocato e insieme il nostro presente.”

Tutto questo accadeva il 18 Agosto 2010. A Giugno 2013 Repubblica, decide di modificare l’obiettivo e riproporre l’esperienza ma con una variante: raccontare la crisi attraverso le foto dei negozi chiusi. Si sono alzate molte proteste e altrettante proposte dal web: una fra tutte quella di Laura Colciago (ScaryLalla)  che ha raccolto i diversi tweet pervenuti all’account di Repubblica e ha ipotizzato un’alternativa al concorso “saracinesche abbassate”.

Per quanto mi riguarda ho detto ciò che penso in uno status condiviso su Facebook

costoso

Una scimmia evoluta che ha bisogno di un simulacro a dimostrazione del potere sulla realtà in un rapido passaggio dall’amigdala allo smartphone.

E pensare che questa idea di raccontare la città, i tempi che cambiano, le relazioni e le vite degli altri viste attraverso occhi diversi, avrebbe potuto essere davvero un bel pezzo di giornalismo “condiviso”. E invece niente: è nato proprio storto, deforme, questo progetto, a cui è stato addebitato da molti un carattere di morboso voyeurismo e pessimo gusto.

Non sono tempi facili per i media che probabilmente non hanno ancora compreso a pieno gli effettivi risvolti di una situazione in cui il pubblico è in possesso di un’arma di comunicazione di massa. Ma ciò non toglie il fatto che, al di là del voler raccontare un’Italia che cade a pezzi, a cui viene meno la vocazione commerciale (a scapito della febbre delle startup che cresce a dismisura!) esistano modi e modi di raccontare, di fare cronaca, di creare e narrare storie.

Mi viene in mente Le Città Invisibili di Italo Calvino, che secondo me è uno dei più bei libri di sempre. E faccio anche io la mia proposta: perché non raccontare le città “che non riusciamo a vedere”? I monumenti chiusi, le opere incompiute, i restauri prolungati e mai terminati. Le strade da costruire, le piccole chiese che sono gioielli, i territori inesplorati, gli angoli dimenticati o lasciati alle incurie del tempo?

Raccontare una città  riscoperta, rivissuta con lo sguardo al futuro partendo da ciò che essa  è stata.  Ridonare gli spazi alle persone e ridare spazio alle persone. 

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