Di occhiali, cioccolatini e Peppino Impastato: quando la bellezza fa scandalo.


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Non mi ritengo una teledipendente ma lo ammetto: la pubblicità mi ha sempre affascinato tanto che, anche oggi, riesco a ricordare sequenza dopo sequenza musiche, claim o fotogrammi di spot vecchi decine di anni.  L’altra sera, mentre stavo in piena sindrome da triplo schermo (ovvero smanettavo contemporaneamente con pc, smartphone e tv), una frase ha colpito la mia attenzione, o meglio le mie orecchie.

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la paura e l’omertà. 

Conoscevo quelle parole così ho istintivamente alzato gli occhi. Le prime immagini mostravano un ragazzo intento a camminare in ciò che sembrava un edificio abbandonato. “Oh! Finalmente il Ministero dei Beni Culturali ha fatto una pubblicità degna di nota!” ho pensato fra me e me. perché si, tutto mi potevo aspettare tranne che L’esortazione alla Bellezza di Peppino Impastato diventasse una campagna pubblicitaria per una marca di occhiali.

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Adesso da qualche giorno media e web si sono accorti del profondo dissidio fra il prodotto e l’idea alla base e mentre la famiglia di Peppino chiede l’immediato ritiro dello spot,  che non rispecchierebbe affatto le idee di un uomo che si batteva contro mafia e consumismo, la Special Team, società che ha realizzato l’advertising dichiara di aver solo voluto “rilanciare le idee e le parole di Peppino Impastato, che troppo spesso vengono dimenticate nella nostra società”. Aggiungono  inoltre “La nostra è un’azione dal grande valore civile, perché la pubblicità può anche essere uno strumento per far riflettere”.

Da questi proclami sembra quasi che l’agenzia voglia sentirsi anche dire “Grazie” ma è un po’ ingenuo pensare che non avessero già messo in conto la valanga di critiche che lo spot avrebbe sollevato.

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In tutto ciò è interessante notare che a Natale un’altra azienda ha pensato di puntare sul concetto di “bellezza” per promuovere i suoi prodotti ed è la Ferrero Rocher con la campagna “Assapora la bellezza”. Anticipata da uno spot prima delle feste la campagna è ora quasi al suo termine ma non ha mancato di esitare stupore soprattutto a Milano dove ogni sera delle 18 alle 23 la facciata di Palazzo Reale è stata illuminata con proiezioni e videomapping riportanti quote sulla bellezza o immagini legate a tale concetto realizzate dall’artista Marco Nereo Rotelli.

La mia riflessione è quindi sullo spostamento del focus comunicativo:  se prima la comunicazione delle aziende mirava molto al sentiment e al coinvolgimento in prima persona dell’utente (vedi alla voce “Nutella sei tu”) adesso si è spostata alla bellezza come concetto che viene abbassato, quasi riportato alle masse. Questo rende “pop”e alla portata di chiunque il godimento del bello (che sia un’opera d’arte o un cioccolatino) ma  crea  anche un  pericolo: ovvero che tutto si consideri “bellezza” senza alcuna distinzione reale su ciò che lo è e cosa no e soprattutto che si parli di “bellezza” in contesti che ne sono completamente estranei.

Se per molti resta ancora oscuro il fine ultimo di titoli recenti come “La Grande Bellezza” a me sembra invece rappresentare benissimo, con una punta di amara ironia questa svalutazione del concetto di bello e con esso di estetica e  di arte. E poiché viviamo in un paese che dovrebbe fare della vera bellezza una delle sue più grandi risorse questo ci espone inevitabilmente al contagio del qualunquismo.

Insomma, non c’è da meravigliarsi troppo se poi ciò che doveva essere un monito alla ribellione, alla critica e alla coscienza delle masse finisce dritto dritto in una campagna per occhiali da sole.

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