Lasciatemi in pace quando vado al gabinetto ( e altre sconcertanti verità del marketing invasivo!)


La frase che più spesso ho sentito dire dal liceo ai giorni nostri quando si parlava di mass media è

Siamo bombardati dalla pubblicità

Pensateci. Dovreste averla sentita anche voi almeno un centinaio di volte. Banale, casuale e comune come la morte.Se ci aggiungete che l’advertising sta raggiungendo livelli da guerriglia ninja con tanto di pop up nevrotici, campagne geolocalizzate, annunci a pagamento targettizzati su Facebook e utilizzi similosceni dei QR Code comprendete bene quanto difficile sia uscire da questo campo minato.

Fra le ultime novità i Promoted Updates e Promotes Special su Foursquare (qui un articolo che li spiega molto bene!) sono quelli che si configurano fra i più insidiosi, soprattutto per il mio portafogli visto che conoscendo le offerte speciali a 50 metri da me potrei dilapidare tutto il mio patrimonio in men che non si dica.

Inoltre non oso pensare a cosa accadrà quando, magari visitando una zona piena di negozi o un centro commerciale, sarò assaltata dai messaggi promozionali, io, che magari volevo solo fare check-in in un posto figo. C’è da chiedersi infatti il cosa, come e quanto di queste comunicazioni. Come saranno date agli utenti? Convenienza sugli acquisti? Prossimità? Temporalità? Gusti dell’iscritto?

Se potessi scegliere come selezionare i messaggi pubblicitari a me destinati eliminerei sicuramente quelli con le seguenti caratteristiche 

a) Jingle pubblicitari banali e ridondanti. Vedevo l’altra sera su Quark la storia di un poverino perseguitato nella sua testa dalle musiche anni ’60. Incubo: venire ossessionati dalla canzone di Rio Casa Mia versione Bollywood. 

b) Espressioni artefatte o poco credibili. Tipo le donne che fanno gli spot del deodorante, che non hanno nemmeno l’ascella un po’ sudata dopo aver fatto 36 ore di sport estremi, palestra e balli di gruppo. O quelle che aspettano il ciclo per scalare montagne, lanciarsi dall’aereo e fare la ruota al provino da Vj! (a proposito, questa parodia  di quel famoso spot è divertentissima!)

c) Mancanza di coerenza nel racconto. Del tipo: perché la madre dovrebbe salvare la relazione amorosa della figlia adolescente mettendo in tavola una semplice caprese mozzarella e pomodoro? Mia madre mi avrebbe detto “arrangiati” ed io mi sarei ingurgitata come minimo tre camion di gelato al cioccolato.

d) Posizionamento fisico e mediatico errato. Un lampante esempio ne è la cartellonistica elettorale da cui in qualsiasi angolo della città occhieggiano sconosciuti con le frasi più improbabili. Vi metto sotto uno di quelli che ho considerato più “originale” beccato in quel della riviera ionica nei mesi scorsi.

 

E poi una cosa: cari pubblicitari, quando vado al bagno desidero essere lasciata in pace!

Per accalappiarmi nelle vostre reti avete tutta la giornata e buona parte della notte, ma il gabinetto è un luogo di contemplazione e raccoglimento pertanto non voglio vederci dentro i vostri avvisi sul perdere peso, stitichezza o dolori mestruali. E nemmeno i maschietti vogliono saperne di caduta dei capelli, tono muscolare e pancia floscia. Quindi patti chiari e amicizia lunga: voi non accedete alla mia toilette ed io comprerò ciò che mi inculcate sia nei miei desideri.

Qualsiasi cosa: biscotti, auto, vestiti, l’ultimo profumo di Lady Gaga. Tutto, pur salvare l’unico spazio di libertà che mi resta!

Mi sembra una contrattazione onesta, non trovate?

 

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3 risposte a Lasciatemi in pace quando vado al gabinetto ( e altre sconcertanti verità del marketing invasivo!)

  1. Ma hai per caso letto la mia richiesta di “creatività da bagno” per l’ufficio? 🙂

  2. masticone ha detto:

    sempre la solita grande

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