Greta si sveglia. Sono le 6.32 tutt’intorno è silenzio. Dalla finestra una luce schiva entra nella stanza restando un pò incastrata nelle tende che ballano al leggero soffio dell’autunno. E’ ottobre e giù in Sicilia c’è ancora caldo, e sole, e gabbiani a mare. Greta cerca di ricostruire a mente la sensazione della spiaggia sotto i suoi passi, dei ciottoli, il rumore delle onde. Il lenzuolo impigliato tra le gambe sembra l’acqua che quasi ti vuol portare via con la risacca. Ma tutto questo è solo nella sua mente. Il mare non c’è. La battigia nemmeno. Greta si alza e apre la finestra: spazia con lo sguardo verso l’orizzonte e conta dieci gru, quattro cantieri, due operai che avanzano lenti chiacchierando sottovoce verso un giorno da costruire. Già. Perchè a l’Aquila la vita è mattone dopo mattone, attimo dopo attimo. Quando aveva deciso di trasferirsi qui ogni persona la guardava sgranando gli occhi. ” Tu sei matta!- le aveva detto Giulia- Ti vai a cacciare nei guai!”. Ma Greta è una di quelle che sa quello che fa. E Greta non aveva paura. Con cura aveva riposto nelle valigie il necessario per la sopravvivenza. Vestiti e libri e se ne era andata. I primi giorni erano stati strani: annusava l’aria della nuova città, della casa che sembrava non riconoscerla. Poi , come accade agli animali, entrambe si erano addomesticate. L’Aquila era diventata docile sotto i suoi passi, conosciuta, familiare. Greta era diventata un unica cosa con ogni frammento della città. Ora era un cornicione, ora era l’orologio immobile come un’impiccato. Entrambe piangevano le ferite l’una dell’altra: entrambe erano pronte ad amarsi, riceversi, proteggersi. Ed entrambe sapevano farsi belle per chi si ama, come una donna innamorata. Greta conosceva l’arrivare della sera nelle viuzze del centro. E l’Aquila le regalava un pò di tramonto come quello che a volte si vede nelle cartoline. Lei lo apprezzava tantissimo, lo sforzo di questa amica povera e un pò dimessa che un tempo era stata elegante e sofisticata. Era questa complicità che rendeva tutto più semplice. Era questo accettarsi reciproco, con i difetti e le manchevolezze che le aveva rese amiche da quel momento in poi.
Greta si raccoglie i capelli, si veste di corsa guardando l’orologio e passando dalla cucina afferra un biscotto. Il caffè no, quello lo prende giù al bar dove ormai la conoscono come “la siciliana”. A Greta quel soprannome non dispiace perchè anche se si è allontanata dalla sua terra che ama tanto non è scappata. Anche se ama un altro luogo non toglie nulla a quello in cui è nata e cresciuta. Perchè Greta è così. Una di quelle persone che sanno dare valore alle cose, alla distanza, e alle emozioni.
E soprattutto Greta non ha paura.
Non ci sono davvero parole per descrivere l’emozione che mi ha dato questo racconto.
Sei grande, Asi. Adoro il tuo modo di scrivere e far “vedere” con le parole le emozioni.
Sono lusingata e pure tanto stupita di riconoscermi in ogni sillaba. Uno splendido gioiello di finzione letteraria che ritrae spaventosamente una reale fotografia della realtà.
Complimenti e grazie di cuore.