Tutto quello che ho da dire adesso, resta qui.
Ho sulla punta delle dita il tuo odore dolce. Il tuo sapore in bocca. Incantevole e amaro come il primo morso dato ad una mela avvelenata.
Io non respiro che te. Le tue distrazioni e insofferenze. La tua pelle che assaporo sotto la lingua e sa di neve. Le mie mani compiono traversate ultracontinentali sui tuoi fianchi. Si aprono la strada sul tuo petto, fino a quel cuore che palpita, fino alla punta orgogliosa dei tuoi capezzoli infantili. Restano lì, ferme un istante. Il mio orecchio si tende al tuo respiro, ogni mia sinapsi sensoriale si tende per afferrare lo spasmo dei tuoi muscoli contratti. Ti mordo avidamente, con rabbia, e sento sussultare il tuo sternocleidomastoideo ad ogni sanguinolenta fitta. Per un attimo come un animale ferito ti sento venire meno: solo allora, solo quando capisco che sei su quella sottile linea fra dolore e piacere, dischiudo i denti e ti guardo. Gli occhi chiusi dietro le palpebre. Il tuo labbro sottile ed esigente. Tutto diventa per me un alfabeto di segnali da interpretare. E tu, bianco. E tu, come odore di cenere. Per un solo momento sei mio. Completamente. Distrattamente. Le mie labbra vanno a cercare il tuo mento, la tua gola che mi aspetta. Gioco con il lobo del tuo orecchio da ragazzino che profuma di uomo. L’unica cosa che mi è concessa è vederti disarmato e nudo. Passare con lo sguardo sulle tue forme, scorrere sotto le dita la superficie di te che posso esplorare. Il mio tatto impazzito si arrende al gusto e all’olfatto: io non posso capirti, posso solo sentirti addosso. Pelle contro pelle. Graffio su graffio voglio incidere la mappa delle mie passioni sulla tua carne, conoscerne le deviazioni, per non perdermi. Cos’ha la tua bocca che cento altre bocche non hanno?
Passa sulla mia schiena un brivido leggero, come una mano gelida, come una goccia di pioggia.
Ti sento respirare come un albero di notte. Tu hai negli occhi la tristezza della luna d’ottobre. Eppure non ti conosco. Nonostante le stagioni, i viaggi dentro te. Resti il mio più grande mistero.
Resti il respiro affannato, le dita da succhiare, il labbro da mordere. Tu sei il movimento che mi inchioda. L’istante in cui mi perdo e contemporaneamente so quale direzione prendere.
Resti la pelle da leccare, il silenzio mentre adoro il tuo corpo di baci.
E mentre ti assaporo sai di buono.
Sai di veleno.